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"All's Well That Ends Well”: William Shakespeare o Taylor Swift?

Chi oserebbe mai mettere a confronto William Shakespeare – attore, genio del teatro e della poesia nonché primo drammaturgo del teatro moderno (è chiaro che ciò non basta e ci sarebbe molto altro da dire ma sarebbe un insulto alla vostra intelligenza dilungarmi sulla sua presentazione) - con la popstar americana Taylor Swift?

Di fronte a un’autorità di questo calibro probabilmente qualsiasi tipo di confronto potrebbe risultare pretenzioso eppure è successo più di una volta che Il Bardo e la cantante di “Blank Space” siano stati, se non altro, messi sullo stesso livello. Ma andiamo con ordine.

Taylor Alison Swift nasce il 13 dicembre 1989 a West Reading (Pennsylvania, USA), da piccola riceve in regalo per Natale la sua prima chitarra e inizia a scrivere canzoni a 12 anni.  Nel 2005 – quando la Swift ha solo 16 anni – inizia la sua carriera musicale, firma il primo contratto discografico e l’anno dopo pubblica il suo primo album country (“Taylor Swift”). In poco tempo le sue canzoni svettano in cima alle classifiche e inizia a vincere i primi di una lunghissima serie di premi. Nel corso degli ultimi 16 anni è diventata un vero e proprio fenomeno della musica, spaziando tra i generi più disparati - quali il country pop, il pop e, ultimamente, anche il folk – e vincendo un totale di 970 premi tra cui 11 Grammy Awards e il premio di Artista del Decennio agli American Music Awards (tanto per citarne alcuni).

A questo punto, però, sarebbe lecito chiedersi cosa possa mai avere in comune William Shakespeare con una cantante pop generalmente e (molto) tristemente nota per essere “quella che scrive canzoni per i suoi ex”.

La risposta – o meglio, una delle risposte – arriva dall’Università del Texas dove la professoressa di inglese Elizabeth Scala nel 2021 ha offerto un corso per gli undergraduate (ossia per quella che noi considereremmo la triennale) intitolato “Literary Contests and Contexts - The Taylor Swift Songbook”, ispirato a un corso sul ruolo di cantante e imprenditrice della Swift che era stato precedentemente offerto dal New York University’s Clive Davis Institute, un programma facente parte della Tisch School of Arts (quella che noi potremmo definire la facoltà di arti dello spettacolo) della NYU, proprio dove Taylor Swift ha ricevuto una laurea honoris causa in Fine Arts il 18 maggio di quest’anno.

Il corso “Literary Contests and Contexts - The Taylor Swift Songbook” (che fa parte del Liberal Arts Honors program) offriva, quindi, agli studenti che lo seguivano la possibilità di analizzare i testi delle canzoni della cantante mettendoli a confronto con i testi degli autori più importanti, quali Sylvia Plath, John Keats e, ovviamente, William Shakespeare. Durante un’intervista con CNN (la più importante emittente televisiva statunitense) Elizabeth Scala ha dichiarato di aver scelto proprio Taylor Swift come oggetto di studio del suo corso in quanto è una cantautrice (la cantante ha infatti partecipato alla composizione di TUTTE le sue canzoni, la maggior parte delle quali sono state scritte senza l’aiuto di alcun co-writer) e poiché ha pensato che le simbologie e le tecniche utilizzate nei suoi testi sarebbe potute risultare utili agli studenti per comprendere in modo più completo le tecniche similmente utilizzate nei testi classici, per poter quindi insegnare le tradizioni letterarie più antiche e tendenzialmente più difficili da comprendere - proprio in quanto linguisticamente più lontane da noi - attraverso un’ottica più contemporanea.  

Il semestre è iniziato proprio con il confronto tra le canzoni d’amore di Taylor, in particolare quelle presenti nell’album “Red” (in cui il tema dell’amore e soprattutto della memoria vengono raccontati attraverso immagini vivide e dettagliate e metafore attraverso cui associa i suoi sentimenti e i momenti della sua storia d’amore tormentata ai colori e alle stagioni dell’anno), con le poesie d’amore composte durante il Rinascimento. Specificatamente sono state analizzate le metafore, le similitudini e l’uso delle simbologie legate a colori nella canzone “Red” - che da il titolo all’album - e, successivamente, sono stati esplorati i modi in cui William Shakespeare ha utilizzato le stesse simbologie nelle sue poesie. Oppure sono stati messi a confronto la celebre tragedia di Shakespeare “Romeo e Giulietta” e la canzone “Love Story” che non è altro che una rivisitazione a lieto fine della storia dei due “amanti sfortunati” narrata dal punto di vista di Giulietta.


(A sinistra il dipinto “L'addio di Romeo e Giulietta al balcone” di Frank Dicksee (1884), a destra Taylor Swift per il video musicale di “Love Story”)

Ovviamente il confronto non è casuale, più volte infatti il riferimento a Shakespeare nelle canzoni di Taylor è più che esplicito, basti pensare, per esempio, alla celebre espressione “All's Well That Ends Well” (“tutto è bene quel che finisce bene”) che da il titolo a un’opera teatrale del drammaturgo inglese e che viene ripresa per ben due volte dalla cantante: una volta in “Lover”, tratta dall’omonimo album “Lover” (2019) e un’altra volta in “All Too Well (10 minute Version) (Taylor’s Version)” dall’Album “Red (Taylor’s Version) uscito nel 2021, scelta – anche questa – non casuale (ma non è il caso di dilungarci sul significato e il collegamento tra queste due canzoni emblematiche)

Succede spesso – a questo punto credo sia lecito aggiungere “purtroppo” - che quando un cantante diventa particolarmente famoso le canzoni che si diffondono siano quelle più orecchiabili e radiofoniche e su questo Taylor Swift è certamente (quasi) imbattibile, basti pensare a canzoni hit come “Shake It Off”, “Bad Blood” e così via, che volenti o nolenti conosciamo tutti proprio grazie alla loro orecchiabilità. E nonostante sia una delle cantanti più famose al mondo (attualmente è la cantante più ascoltata su tutte le piattaforme digitali in seguito all’uscita del nuovo album “Midnights”) si potrebbe quasi dire – sicuramente anche a causa dei pregiudizi legati alla sua vita privata - proprio in virtù del fatto che le sue canzoni più famose non rispecchiano al 100% la grande cantautrice che effettivamente ha sempre invece dimostrato di essere  – che Taylor Swift sia in realtà parecchio sottovalutata (basti pensare a canzoni come la recentemente uscita “Would’ve, Could’ve, Should’ve” ricca di immagini e metafore legate alla religione utilizzate per parlare di una relazione particolarmente travagliata).

In fin dei conti non è da tutti riuscire a uscire illesa (o comunque, con una certa dignità) da un confronto con Sir William Shakespeare, e ad oggi sono centinaia gli studi di studiosi, critici e appassionati di musica e letteratura che operano delle comparazioni tra i due.

Per esempio, in relazione al tema dell’amore come fuoco sono stati presi in esame la canzone “Ivy” (dall’album “evermore”) e il Sonetto 46.

“It’s a war, it’s the goddamn fight of my life and you started it”(“Ivy”, Taylor Swift 2020)

“Mine eye and heart are at a mortal war, how to divide the conquest of thy sight” (Sonnet 46, William Shakespeare)

Ovviamente si tratta di approcci diversi, Swift sta parlando di come sia la relazione ad essere una guerra in quanto ascoltando il resto della canzone si scopre che chi sta narrando è sposato con qualcuno ma è innamorato di qualcun altro, mentre la guerra di cui parla Shakespeare è un conflitto che avviene all’interno, ma è comunque interessante vedere come i due utilizzino, pur scrivendo a distanza di quasi 500 anni l’uno dall’altro, le stesse immagini.

Dopo tutto, nel momento in cui si prende una canzone e invece di analizzarne, per esempio, la produzione e la bravura dell’artista che la interpreta, si prendono in considerazione le figure retoriche presenti nel testo, le immagini, le simbologie, il ritmo in relazione al significato dei versi e via dicendo, a questo punto non si potrebbe dire quella canzone è, di fatto, una poesia?

Cercando su Google “Taylor Swift or William Shakespeare” compariranno decine di siti che offrono la possibilità di provare a indovinare, dato un determinato verso o una determinata strofa, chi dei due ne sia l’autore. Si tratta di una sorta di “challenge” che, in poco tempo, è spopolata su social quali Tik Tok e YouTube e, a meno che non siate esperti conoscitore di uno dei due (o di entrambi) vi invito a provare, il risultato potrebbe sorprendervi.

-Martina Maio-