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La presenza del femminismo e del femminile alla Quadriennale di Roma

A Palazzo delle Esposizioni è in corso l’attesissima Quadriennale di Roma 2020 FUORI, momentaneamente sospesa a causa del covid, una manifestazione artistica che avviene ogni quattro anni nel cuore della città di Roma e che ha lo scopo di promuovere e far conoscere l’arte contemporanea in Italia. 

Attraverso le opere di 43 artist*, che utilizzano diversi mezzi espressivi come la fotografia, la scultura, il video, il disegno e le installazioni, FUORI ci invita a riflettere su argomenti, oggi più che mai attuali, di cui si sente la necessità di una globale assimilazione e comprensione. FUORI ci spinge a vedere le cose da punti di vista differenti, ad assumere posizioni eccentriche, FUORI dal centro appunto, a liberarci dalle costrizioni, dalle categorizzazioni. In definitiva ad uscire FUORI DAGLI SCHEMI. 

E in che modo lo fa? 

Sorpassando i limiti tra le varie discipline (teatro, architettura, musica, danza ecc…) e mezzi d’espressione ma soprattutto di sesso e di genere mostrando nelle varie sale immaginari femminili, femministi e queer. Non ci sono linee di confine in FUORI. 

Più che un discorso politico e femminista, ciò che interessa ai curatori della mostra Sarah Cosulich e Stefano Collicelli Cagol, come apprendiamo da una loro intervista, è l’esaltazione del femminile che si manifesta in molti modi, alcuni considerati non convenzionali.

La prima artista che incontriamo in mostra è Cinzia Ruggeri. La grande mano nera, posizionata al centro della stanza a lei interamente dedicata, è come uno schiaffo che risveglia le nostre coscienze. Nei lavori dell’artista, fortemente influenzata dalla moda e dal design, prevale il femminile e quindi ecco che nelle sue opere troviamo guanti, borse, scarpe, stivali utilizzati in maniera giocosa e sperimentale. Gli Stivali Italia (1986) ironizzano sul concetto del made in Italy, ribaltando il machismo insito nel sentimento nazionalista con un’estrema femminilizzazione della geografia italiana.

Gli Stivali Italia, Cinzia Ruggeri, 1986

Sparisce l’elemento del gioco nelle opere di Monica Bonvicini. La riflessione sul potere, sul desiderio sessuale maschile e sul controllo diventano un grido di denuncia al modello patriarcale di cui facciamo fatica  a liberarci.

Le gabbie di 3rd Act I Never Die for Love (2019), prodotte per il terzo atto della Turandot, sono armature che delimitano uno spazio in cui l'identità femminile si autodetermina rispetto a un ambiente esterno che è regolato dal desiderio maschile. Al loro interno si svolge la performance Give Me the Pleasure (2019), tratta dall'opera di Puccini di cui rimane traccia sonora nella stanza. Sulle pareti della sala, alcuni spartiti dell'opera riportano degli statements in cui la rabbia femminista si tramuta in una manifestazione dove si sente l’estremo bisogno di libertà e indipendenza dal potere maschile.

Give me the pleasure, Monica Bonvicini, 2019

 A Lisetta Carmi interessa rappresentare soggetti e realtà poco rappresentati, come il parto ad esempio, che è considerato ancora oggi un tabù. Fuori invita a guardare il mondo da diverse prospettive come si è detto all’inizio ed è quello che l’artista genovese presenta nella serie Il Parto (1968) e in  Erotismo e autoritarismo a Staglieno (1966). In entrambe le serie fotografiche il corpo della donna è il soggetto principale. Nella seconda Carmi ritrae le statue femminili presenti nei monumenti funebri del cimitero di Genova. Attraverso particolari angolazioni, gli scatti raccontano di una società patriarcale, dove i protagonisti dei gruppi scultorei sono i maschi di famiglia.


We Are the Granddaughters of the Witches You Were Never Able to Burn (Noi siamo le nipoti delle streghe che non siete mai riusciti a bruciare) (2019) è il titolo dell’ opera di Raffaela Naldi Rossano. Uno slogan che l’artista riporta sotto forma di lettere in ceramica sparse sul pavimento, emblematico di un discorso femminista e femminile che echeggia per tutta la durata della mostra.

In un sala dello spazio espositivo della Quadriennale sono presenti diversi lavori di alcun* artist* provenienti da diversi paesi del mondo aderenti alla mostra BODY LANGUAGE. Artist* che appartengono al collettivo dei TOMBOYS DON’T CRY. La riflessione sul corpo attraverso la scultura, il video e le installazioni mettono il luce la fragilità del corpo, le sue trasformazioni e l’identità sessuale sotto l’ ottica transfemminista queer con 

l’ obiettivo di dar voce ai generi non conformi e alle sessualità differenti.

Tutto è GLAM nella sala di Maurizio Vetrugno, artista e collezionista, che fonda la sua ricerca artistica proprio sull’estetica contemporanea del glamour. La sala è riempita di ritratti alle pareti realizzati da alcuni artigian* con la tecnica del punto lanciato, collezioni di gioielli e vasi cinesi appartenenti a Vetrugno e tessuti dai colori vivaci.

Maurizio Vetrugno, veduta dell’allestimento

Ci sarebbe un’infinità di cose da scrivere sulle opere e sugli artist* in mostra così come i temi da trattare. Il femminismo e il femminile è solo uno tra i molti temi che sono espressi attraverso l’arte alla Quadriennale di Roma. Lascio a voi il piacere della scoperta andando a visitare questa magnifica esposizione.

-Laura Vinciguerra-