Da William Hogarth agli NFT della Crypto Arte

Cosa c’entra William Hogarth con gli NFT? L’autenticità dell’opera, la firma, il copyright.


W. Hogarth fu un artista inglese, pittore e incisore, famoso per le sue stampe satiriche, attivo intorno alla metà del Settecento; gli NFT sono legati al panorama artistico contemporaneo.


E cosa c’entra? Procediamo per gradi.

Al giorno d’oggi sono molte le leggi che garantiscono il “Diritto d’Autore”, ma in passato non fu certo così. Era consolidato che gli incisori copiassero i quadri degli artisti a loro contemporanei vendendone in numerose copie, omettendone l’autenticità. L’artista inglese – principalmente incisore - W. Hogarth fu il promotore di ciò che attualmente conosciamo molto bene, ovvero il copyright. Il testo di legge fu approvato il 25 giugno 1735 per tutelare le opere degli incisori. Inizialmente la legge prevedeva solo la tutela delle incisioni con disegni originali, così da applicare una distinzione implicita tra artisti e artigiani. Successivamente, in breve tempo, venne estesa a tutti i tipi di incisioni riproduttive. 

Questa legge – nota anche con il nome di Hogarth’s Act – fu abrogata per lasciar posto alla legge sul diritto d’autore soltanto nel 1911.


Una cosa simile al copyright sono gli NFT: ecco l’analogia!


Innanzitutto è bene evidenziare la distinzione tra arte digitale e crypto arte, termini usati spesso come sinonimi. Se un’opera d’arte digitale si serve di supporti come immagini JPG o video mp.4, un’opera crittografata include anche l’NFT ad essa associato. Quello a cui la parola “crypto” fa riferimento è semplicemente la tecnologia per l’autenticazione e circolazione delle opere.


Ormai è un fenomeno che già da qualche anno è entrato nel panorama artistico, quello della crypto arte e degli NFT. Il forte successo dell’arte che si basa sulla tecnologia blockchain ha prodotto l’ascesa di nuovi artisti che sviluppano la propria creatività su un supporto digitale.

Ma cosa sono gli NFT? Cos’è la tecnologia blockchain? 

Gli NFT – acronimo di “Non Fungible Token”, nati nel 2017– sono file associati a prove di autenticità e proprietà e cioè a quella tipologia speciale di token crittografico che non può essere intercambiato. Questa nuova tecnologia ha portato, ormai da qualche anno, un’importante innovazione nel mercato dell’arte perché, in pratica, chi acquisisce un’opera legata ad un NFT non acquista l’opera in sé, ma la possibilità di dimostrare un diritto sull’opera. La scissione, dunque, sta tra acquisto materiale e acquisto del diritto di proprietà dell’opera d’arte. In semplici parole, un NFT è un oggetto virtuale unico ed inimitabile, vige su di esso una sorta di copyright. Gli NFT rendono dunque possibile un mercato trasparente e proteggono la paternità dell’artista, per questo sono stati infatti definiti “le firme d’artista” dell’arte digitale.


Gli NFT sono file digitali – possono essere immagini, video, file audio, gif etc. – creati sulla blockchain (letteralmente “catena di blocchi”). Quest’ultima è una tecnologia in cui il registro è strutturato come una catena di blocchi contenenti le transazioni e il consenso è distribuito su tutti i nodi della rete. 


In sintesi, un file emesso su blockchain ha un valore come un originale vero e proprio – ad esempio un quadro o una statua – mentre gli altri file copia che possono continuare a girare sulla rete sono considerati riproduzioni senza valore. Quello che fa la blockchain è assicurare che l’NFT sia l’opera originale, la vera creazione dell’artista, e renderla trasferibile senza la possibilità di duplicarla o distruggerla.


Tuttavia, di NFT si è iniziato a parlarne con insistenza soltanto nel 2021 grazie a Beeple e alla sua opera – o meglio al suo Non fungible token – venduto per 69 milioni di dollari. Il dibattito culturale intorno a questo fenomeno si sta espandendo su fondamenti di carattere teorico, ecologico, economico e sociale e gli artisti che vi aderiscono sembrano accomunati da una comune ideologia.

Pertanto, quella della crypto arte, può essere connotata come un movimento artistico.

Tutto per merito di Hogarth.


Eppure, mentre alcuni artisti dunque abbracciano le possibilità date dalla blockchain, altri si schierano contro, arrivando addirittura a fondare un sito come Cryptoart.WTF, che offre stime del consumo energetico e delle emissioni associate a un NFT, o a firmare un vero e proprio manifesto dichiarando prioritaria la tutela degli ecosistemi.


Ma in fin dei conti gli NFT hanno dignità di opera d’arte? 

La risposta dovrebbe essere sì, in quanto un’opera dovrebbe essere valutata sulla base del suo valore artistico e non sul mezzo – o meglio sulla tecnologia – che ne regola l’autenticazione e il trasferimento.

-Carlo Martino-

Rubina Postiglione