Selene Crezzini Concept art - tra realismo figurativo, simbolismo e surrealismo atipico. Il percorso di un’artista che è arrivata ad esporre a San Francisco e New York


Selene Crezzini è un’artista aretina, illustratrice e concept artist. Fin da bambina il disegno è tra le sue passioni e, viste le sue abilità sfoggiate già durante il suo percorso alle scuole medie, decide di iscriversi al Liceo Artistico. Il percorso liceale è stato fondamentale per Selene, ha iniziato a studiare le tecniche artistiche in maniera più approfondita tra disegno, pittura e scultura, oltre a comprendere l’importanza della storia dell’arte a livello teorico. Continuando per questa strada, arriva a frequentare l’Accademia di Belle Arti di Firenze e si laurea in Discipline Artistiche. Qui ha avuto modo di assimilare sia nuove tecniche contemporanee – come la videoarte – sia di perfezionare quelle tradizionali – come la pittura. Assecondando la sua propensione a sperimentare e apprendere nuove tecniche, decide di approfondire le conoscenze del digitale e frequenta un master in concept art, visti anche i possibili sbocchi lavorativi nei quali vengono richieste conoscenze sempre più specifiche. Ragion per cui si interessa maggiormente anche al mondo del cinema e a quello del videogioco. Difatti ha partecipato, con il ruolo di environment concept artist, alla realizzazione del videogioco Mean Gears.

La sua arte è caratterizzata, per lo più, da figure umane che spesso si annidano nell’oscurità, esse sono plasmate da spiccati dettagli surrealisti e atipici, tratti dalla realtà così come dai suoi sogni. 


In uno stimolante dialogo, ho proposto a Selene Crezzini delle domande sulla sua pratica artistica, affrontando il suo approccio all’arte e alla sua poetica. 

Carlo Martino: Quanto è stato rilevante il tuo percorso presso l’Accademia di Belle Arti? Frequentarla a Firenze è stato determinante per stimolare la tua creatività?

Selene Crezzini: Il percorso all’Accademia direi che è stato fondamentale. Decisi di frequentarla a Firenze perché altri posti non mi interessavano, i corsi che proponevano altre accademie non li ho ritenuti soddisfacenti come quelli a Firenze. Inoltre, Firenze mi è piaciuta tantissimo come città, con l’Accademia tra l’altro in pieno centro storico avevo modo di vedere ogni giorno le bellezze della città, dal Duomo alle tante chiese che ci sono, infatti molto spesso mi ritrovavo a disegnarle a mano libera. Mi rendevo conto di quanto fossero belle sia solo da osservare che da ritrarre, anche solo per “allenamento”. Di per sé l’Accademia mi ha dato molto, specie sul fronte dell’arte contemporanea, cosa che al liceo mi era mancata. Mi ha aiutata ad aprire gli occhi sull’arte di oggi, a partire dall’uso dei materiali – come ad esempio la resina epossidica – alla modellazione della ceramica e del legno. Come dicevo, mi ha dato la possibilità di sperimentare molto e soprattutto cose differenti, anche digital video, montaggio video e sonoro. È stato un percorso abbastanza completo. 


CM: Ti sei approcciata all’arte in giovane età grazie ad una matita e un foglio, attualmente la tua pratica artistica spazia dall’olio su tela fino alle tecniche digitali. Qual è la tua dimensione con la quale ti trovi più a tuo agio? Preferisci una tecnica ad un’altra? 

SC: Le considero, di per sé, due cose differenti. Sia le tecniche tradizionali che quelle digitali hanno i loro pro e i loro contro. Posso dire con certezza che, tra quelle tradizionali, preferisco la tecnica ad olio, l’acquerello e anche la grafite. Di quest’ultima mi piacciono molto le diverse tonalità di grigio. Quindi, per lo più, preferisco le tecniche su carta. Per quanto riguarda il digitale ho iniziato da non molto ad approcciarmici, quindi magari dovrò ancora conoscerlo a fondo. 

CM: Come definisci il pensiero che c’è dietro la tua arte? 

SC: Non è mai facile spiegarlo a parole. Diciamo che provo a dare materia a sensazioni o emozioni che provo e che, probabilmente, capitano anche ad altri. Quindi per me è una forma di connessione che cerco di instaurare con il pubblico, attraverso la rappresentazione di stati d’animo oppure, appunto, sentimenti. Lo considero un po' particolare il mio lavoro perché c’è una forma di realismo ma allo stesso tempo inserisco elementi che fanno parte della fantasia. Quindi, non rappresento solo ciò che vedo, ma si tratta di un ritrarre, appunto, uno stato d’animo, con la speranza che magari chiunque lo veda ci si possa rispecchiare o riconoscere. È un mio modo di comunicare, conosco solo questo. Con le parole non sono brava, lo lascio fare alle immagini.


CM: Spesso le tue figure umane hanno dettagli insoliti – a tratti surreali – e sono avvolte dal buio. Anch’esse sono frutto di stati d’animo e sentimenti?

SC: Sì. Il fondo scuro lo utilizzo perché provo a enfatizzare, a risaltare, il soggetto il più possibile. Tuttavia, negli ultimi lavori, questo tipo di sfondo lo sto pian piano mettendo da parte per lasciare spazio ad una possibile ambientazione, ma cerco sempre di far risaltare la figura, per me è fondamentale che l’attenzione vada su di essa. 

CM: Quando ti sei avvicinata alla concept art? 

SC: Come accennavo in precedenza, per il cinema ho sempre avuto un grande interesse, dal film in sé per sé alla realizzazione pratica dello stesso. Da due anni a questa parte ho iniziato ad affacciarmi a questo mondo. È così che poi ho deciso di iniziare il master in concept art, perché mi rendevo conto che mi mancava questo tipo di formazione, ero cosciente di avere le abilità nel disegno etc. ma ho pensato anche che mi mancava un approccio pratico alla materia. Perciò ho pensato di intraprendere questo percorso per poter entrare in questo ambito, nel cinema. Di conseguenza, ho poi rivalutato molto anche il videogioco, lo ritengo anch’esso un ambiente molto stimolante. 

CM: Qual è il punto d’incontro tra la pittura e l’illustrazione digitale?

SC: Quando utilizzo il digitale, nonostante sia molto differente dal disegno a mano libera, per esempio, la mia linea di pensiero rimane, generalmente, la stessa. Al personaggio che vado a rappresentare in digitale gli conferisco sempre una storia dietro, un po' come succede per i miei quadri. Per me, in ogni mio soggetto, c’è sempre un’esperienza alle spalle e così provo a fare lo stesso anche attraverso un software. Pertanto, aggiungo la componente surreale anche in questo caso. Mi è capitato di realizzare personaggi, creature, che nella realtà non esistono ma a cui cerco di dare sempre una dimensione per la quale possano far suscitate qualcosa, come un sentimento o uno stato d’animo di cui parlavamo in precedenza.


CM: A proposito di grafite, che prima hai detto essere tra le tecniche che prediligi maggiormente, una tua opera realizzata tramite questa tecnica – Always sneaking up in the dark, spying while you sleep – è esposta alla Modern Eden Gallery di San Francisco, cosa significa per te un riconoscimento del genere?

SC: È successo circa un anno e mezzo fa, e ho stentato a crederci! Si trattava di un open call, mi candidai ma non mi aspettavo assolutamente di essere ricontattata, non sono ambienti “facili” ai quali accedere, essendo inoltre una galleria che gode di una certa fama. Ad oggi, mi è successa una cosa analoga, ma a New York. Ci sarà una mostra online, purtroppo dipeso dal periodo storico che stiamo vivendo, con una mia opera: One heart that has lost. A breve potrò caricare l’immagine sui social in modo da poter essere vista. Anche qui ha funzionato allo stesso modo come per la galleria di San Francisco. Per questa di New York si tratta di una mostra dedicata alla tecnica dell’acquerello, anch’essa – come detto in precedenza – è tra le tecniche che prediligo.

CM: Oltre all’attuale progetto con la galleria di New York, ne hai altri in corso? 

SC: Per quanto riguarda le gallerie, a Firenze, presso la Onart Gallery è esposta una mia opera, Butterfly. Oltreoceano, invece, sto aspettando una risposta in merito ad un altro spazio espositivo, sempre in America. Rispetto all’ambito dell’illustrazione e del concept sono in contatto con due aziende, anche per esse sto aspettando delle risposte ma non posso dire altro in merito.


CM: Esiste un’opera, un lavoro, a cui tieni particolarmente?

SC: Le considero tutte speciali, ognuna a modo suo. Non ce n’è una in particolare a cui sono affezionata perché tutte hanno un loro perché. 


CM: Prima hai affermato di essere molto affascinata anche dal cinema, da cui trai ispirazione per la realizzazione dei tuoi soggetti e per le tue ambientazioni. Se dovessi scegliere un film che ti ha ispirato di più, quale sceglieresti?

SC: Ultimamente mi ha colpito in particolar modo Dune, di Villeneuve, tanto che mi è stato regalato un libro artistico del film, con tutte le bozze, il concept del film etc. È uno degli ultimi film che mi ha molto ispirato.

CM: Per concludere questa conversazione, ti andrebbe di immaginarti di essere un’altra artista? Chi saresti? 

SC: Vale la stessa risposta che ho dato in precedenza per i quadri: ce n’è sempre più di uno da cui prendo ispirazione. Però se devo fare un nome direi Allen Williams. Potrei dire che grazie a lui ho deciso di intraprendere la strada della concept art, essendo sia illustratore, pittore che concept artist. Da lui ho capito che si possono mescolare queste discipline per poi, magari, poterci vivere facendo questo lavoro.

Per quanto riguarda gli “antichi maestri”, sono affascinata da Hieronymus Bosh. Infatti, in un disegno a cui sto lavorando attualmente, ho preso ispirazione proprio dalle sue opere viste in una recente mostra.


Cliccando qui puoi trovare Selene Crezzini su Instagram e vedere i suoi lavori.

-Carlo Martino -