Ipovedente e visionario: un ritratto del gallerista tedesco Johann König

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Johann König: un ragazzo difficile ed un terribile incidente a segnarne l’adolescenza. L’insofferenza per l’arte e per gli artisti, un’intimità familiare mai pienamente conquistata. E poi il cambiamento: nel 2002 fonda König Galerie e con lei un nuovo modo di fare mercato.

Nato a Colonia nel 1981, dal curatore d’arte contemporanea e professore universitario Kasper König e dall’attrice Edda Köchl-König, Johann König accetta con difficoltà un contesto in cui l’arte e gli artisti minacciano un’intimità familiare tanto ricercata quanto mai davvero raggiunta. In quegli anni la cittadina del Nord Reno Westfalia si è trasformata nella capitale dell’arte e Andy Warhol, Claes Oldeburg, David Hockney, Gerard Richter e non solo, varcano continuamente la soglia della casa a Ehrenstrasse. 

Il trasferimento della famiglia a Francoforte nel 1988 anticipa di pochi anni la tragedia che è destinata ad abbattersi sulla famiglia König. Un’esplosione accidentale di alcune palline di polvere da sparo, danneggiano in modo irreparabile la vista di Johann. Il racconto dell’episodio – e del percorso di guarigione – è racchiuso nel libro Blinder Galerist, scritto a quattro mani con Daniel Schreiber e edito per Propylaen nel 2019. 

Le immagini che si presentano nella mente sono altrettanto importanti come quelle che si trovano appese al muro

Una frase che risuona come un mantra e che conduce Johann fuori dall’incubo della convalescenza fisica e psicologica. La rinascita viene siglata nel 2002, con la fondazione della sua galleria di arte contemporanea, che oggi conta una scuderia di 40 artisti e presenze in fiere internazionali come Art Basel e Frieze Art Fair. 

Oggi la König Galerie svetta nello skyline del giovane quartiere berlinese di Kreuzberg grazie al suo imponente campanile di cemento e la rudezza delle sue forme. L’edificio venne costruito dall’architetto brutalista Werner Duettmann nel 1967 come chiesa cattolica dedicata a St. Agnes. Con la sospensione delle attività di culto, dopo un restauro durato 3 anni e milioni di euro stanziati per il rifacimento del tetto e delle fondamenta, la galleria ha aperto le porte nel 2015, ricevendo nel 2016 l’Architekturpreis Berlin. 

Lo spazio sconsacrato di St. Agnes ha ospitato – e continua a farlo –  decine di artisti tra cui Katharina Grosse, Claudia Comte, Monica Bonvicini e Peter Dreher.



Con il blocco degli spostamenti e le chiusure imposte dallo scoppio della pandemia, la König Galerie ha cercato di rilanciare un nuovo modello di business basato sulla trasparenza e l’interazione con il pubblico di visitatori.  Nel giugno 2020 la König Galerie ha iniziato la sua attività anche nel mercato secondario con l’iniziativa Messe in St. Agnes. Sfruttando il duplice significato di “chiesa” e “fiera” il gallerista tedesco ha sfidato la rigida segmentazione del mercato dell’arte, con una nuova forma ibrida di fiera in-house, in cui artisti emergenti hanno avuto modo di condividere il palco con star del mercato.

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Dopo il successo della prima edizione, Johann König ha replicato il format dal 2 al 9 maggio 2021, con un riscontro estremamente positivo da parte degli utenti di Instagram. L’account personale (75.500 followers) e quello della galleria (215.000 followers) sono cresciuti esponenzialmente durante la pandemia, trasformandosi in canali preferenziali per promuovere nuove esposizioni e concludere affari: con l'hashtag #koenigsaleroom il gallerista ha mostrato le opere in vendita, dichiarando anche i prezzi, per avvicinare il pubblico social al mondo dell’arte e del collezionismo. 

Ad aprile la König Galerie ha aperto la sua nuova sede a Seoul (un mercato, quello asiatico, in continua ascesa). Sebbene le restrizioni abbiano impedito a Johann König di essere fisicamente presente all’inaugurazione, il gallerista non ha rinunciato a partecipare virtualmente attraverso un totem collocato nello spazio espositivo. Una soluzione ibrida che probabilmente anticiperà altre esperienze simili nei prossimi mesi. 

Trasparenza, immediatezza e abbattimento delle convenzioni, le parole d’ordine di un personaggio rivoluzionario, un imprenditore visionario, un giovane gallerista che anche da insider non ha rinunciato al tentativo di eradicare le zone grigie del mercato. 

-Chiara Pilozzi-